Le recenti elezioni federali in Germania hanno evidenziato una significativa avanzata dell’Alternative für Deutschland (AfD), partito di estrema destra che ha conquistato il 20,8% dei voti, raddoppiando il suo consenso rispetto al 2021). Questo risultato pone l’AfD come seconda forza politica nel paese, subito dietro l’Unione CDU-CSU di Friedrich Merz.
L’AfD, nato nel 2013 come movimento euroscettico, ha progressivamente ampliato la propria agenda politica, focalizzandosi su tematiche anti-immigrazione e anti-Islam. Questa evoluzione ricorda il percorso di Fratelli d’Italia (FdI) in Italia, partito che ha saputo capitalizzare su sentimenti nazionalisti e preoccupazioni legate all’immigrazione per accrescere il proprio consenso.
Tuttavia, nonostante la retorica infuocata e le promesse di politiche restrittive sull’immigrazione, l’AfD sembra aver assunto posizioni più pragmatiche nel tentativo di guadagnare rispettabilità e attrarre un elettorato più ampio. Questo approccio ha portato il partito a cercare alleanze con movimenti di destra europei, come dimostrano gli incontri tra i leader dell’AfD e figure politiche di spicco in Ungheria e Austria.
Questa strategia di normalizzazione e ricerca di alleanze con forze atlantiste e imperialiste potrebbe suggerire una perdita di identità originaria, trasformando l’AfD in un movimento disposto a compromessi pur di accedere al potere. Nonostante la retorica anti-immigrazione, le azioni concrete per affrontare il fenomeno migratorio appaiono limitate, sollevando interrogativi sulla reale efficacia del partito nel mantenere le proprie promesse elettorali.
In conclusione, l’AfD sembra seguire un percorso simile a quello di Fratelli d’Italia, evolvendosi da movimento radicale a partito più istituzionalizzato, pronto ad allearsi con forze politiche tradizionali per ampliare la propria influenza. Tuttavia, questa trasformazione solleva dubbi sulla coerenza ideologica e sulla capacità del partito di affrontare in modo efficace le sfide legate all’immigrazione, oltre a mettere in discussione la sua autentica identità politica.
Alternative fur Deutschland non è un partito rivoluzionario, non è neppure un partito estremista, non lo è mai stato e sono semplicemente ridicole le accuse di nazismo che gran parte del mondo politico e mediatico gli rivolge – il mainstream vede nazisti dappertutto tranne dove ci sono veramente, tranne in Ucraina dove viene idolatrato come eroe nazionale un personaggio come Stepan Bandera. Chissà come mai… In realtà, AfD è semplicemente un partito che denuncia come mendace una parte, non trascurabile ma tutto sommato accessoria, della narrazione dell’establishment – quella sul woke, sul gender, sul green, sull’immigrazione, sulle leggi liberticide “a difesa della democrazia” e sulla politica guerrafondaia della NATO e dell’UE – ma non ne contesta la parte fondamentale, quella che costituisce un vero e proprio dogma del capitalismo occidentale: il potere monetario e finanziario in mani private e sovranazionali. E se non si tocca questo tasto, se non si solleva il problema dell’emissione della moneta e del controllo della sua circolazione in mano ad un’aristocrazia finanziaria apolide, è inutile parlare di sovranità nazionale e di politica sociale; si prende solo in giro la gente.
AfD è un partito che sta al gioco – e al giogo – dei detentori del potere vero, che è quello di creare denaro dal nulla e prestarlo ad un mondo che affoga nel debito pubblico e privato. Per questo gli è consentito di fare politica, sia pur con tutti i limiti imposti ad un partito etichettato come di “estrema destra”.
Lo stesso discorso vale per tutti gli altri partiti politici. Se ambiscono ad arrivare al governo senza disturbare il manovratore, devono entrare – ovviamente dalla porta di servizio e come soci senza diritto di voto – nel club esclusivo delle suddette élite. Ma se vogliono davvero cambiare le cose, devono battersi per la sovranità monetaria degli stati e per la fine della moneta debito.