Il recente incontro tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump alla Casa Bianca ha rivelato, ancora una volta, i limiti del leader ucraino nella gestione della politica internazionale. Durante la trasmissione Zona Bianca su Rete4, il noto giornalista ed editorialista Federico Rampini ha smontato la narrazione mainstream che dipinge Zelensky come un eroe e Trump come il solito politico imprevedibile. Secondo Rampini, lo scontro tra i due leader non è stato un’improvvisata esplosione di tensione, ma la conseguenza diretta dell’atteggiamento aggressivo e sconsiderato di Zelensky.
Come sottolineato da Rampini, nei primi 35 minuti dell’incontro, il presidente ucraino ha attaccato frontalmente Trump, cercando in tutti i modi di costringerlo a definire Vladimir Putin un criminale. Una strategia miope e pericolosa, visto che Trump ha ripetutamente dichiarato di voler negoziare con il leader russo per cercare di porre fine al conflitto. Zelensky, invece di adattarsi alla nuova realtà politica degli Stati Uniti, ha preferito insistere su una linea dura, rischiando di compromettere il sostegno americano all’Ucraina.
Non si tratta solo di un errore di comunicazione, ma di una dimostrazione evidente dell’incompetenza diplomatica di Zelensky. Andare a Washington con l’intenzione di dettare la linea politica a Trump e ai suoi alleati repubblicani era una mossa destinata al fallimento. Rampini ha spiegato chiaramente che la posizione di Trump e del senatore J.D. Vance era ben nota: il loro obiettivo è avviare un dialogo con la Russia per stabilizzare la situazione. Zelensky, invece, si è comportato come se fosse ancora in epoca Biden, sperando di ottenere un assegno in bianco dagli USA.
Il problema è che la strategia di Zelensky non solo non ha funzionato, ma ha evidenziato la crescente stanchezza dell’Occidente nei confronti della guerra in Ucraina. Trump non ha intenzione di impegnare ulteriori risorse in un conflitto che molti americani considerano sempre più inutile e dispendioso. Zelensky, invece di cercare nuove soluzioni, continua a comportarsi come se il mondo fosse obbligato a sostenerlo acriticamente.
Come ha giustamente osservato Rampini, l’incontro alla Casa Bianca non è stato un trionfo per Zelensky, ma un segnale di allarme: se non cambierà il suo approccio, rischia di perdere anche gli ultimi alleati rimasti. La realtà è che l’Ucraina non può permettersi di alienarsi l’unico vero alleato che potrebbe ancora aiutarla. Ma, a quanto pare, Zelensky non ha ancora imparato questa lezione.
Zelensky farebbe bene a indire al più presto nuove elezioni, a non ripresentarsi e a sparire quanto prima dalla scena politica… oltre che dal mirino dei tanti nemici che si è fatto.
L’Ucraina è ormai uno stato fallito in piena crisi economica e demografica, che subirà l’annessione alla Federazione Russa dei suoi territori orientali (probabilmente anche Odessa, fino alla Transnistria) e la svendita agli Stati Uniti di ciò che rimane dei suoi terreni e delle sue risorse minerarie.
Per quanto riguarda il conflitto in atto, esso finirà solo quando saranno accettate le condizioni della Russia vincitrice: smilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina e sua rinuncia definitiva all’ingresso nella NATO, condizioni messe nero su bianco in un trattato vincolante e verificabile. Questo almeno è quanto si evince da un recente saggio del politologo Sergej Karaganov, uno degli architetti intellettuali della politica estera russa, scritto prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, e di cui trascrivo il passaggio che reputo più significativo:
“… Qualsiasi esito del conflitto ucraino inquadrato come un ‘compromesso’ verrebbe celebrato in Occidente come una vittoria e percepito come un fallimento dalla Russia. Ciò deve essere evitato a tutti i costi.
In primo luogo, la Russia deve affrontare apertamente la colpevolezza storica dell’Europa occidentale. Non è il ‘giardino’ che le sue élite immaginano, ma un campo di erbacce grasse che prospera sul sangue di centinaia di milioni di persone che ha schiavizzato, assassinato e derubato. Richiamare l’Europa occidentale per i suoi crimini, dal colonialismo al bellicismo, legittima il nostro potenziale uso della deterrenza nucleare come risposta giustificata all’aggressione.
In secondo luogo, la Russia deve sottolineare l’inevitabilità dell’escalation nucleare in qualsiasi conflitto tra NATO e Russia. Questo messaggio è essenziale non solo per limitare la corsa agli armamenti, ma anche per sottolineare l’inutilità di accumulare armi convenzionali che saranno rese irrilevanti in uno scontro nucleare. I leader della NATO devono capire che non possono evitare le conseguenze delle loro azioni.
Terzo, dobbiamo continuare ad avanzare sul campo di battaglia, distruggendo le forze nemiche con precisione implacabile. Tuttavia, è altrettanto fondamentale dichiarare che la pazienza della Russia è finita. Per ogni soldato russo ucciso, dobbiamo chiarire che mille europei occidentali pagheranno il prezzo se i loro governi persistono a muoverci guerra. Il pubblico laggiù deve capire che le loro élite si stanno preparando a sacrificarli e le armi nucleari non faranno distinzioni tra soldati e civili. Le capitali dell’Europa occidentale saranno i primi obiettivi della nostra rappresaglia.
In quarto luogo, la Russia deve comunicare agli americani che la loro continua escalation del conflitto in Ucraina porterà a conseguenze catastrofiche. Se dovessero persistere, attraverseremo il Rubicone nucleare, prendendo di mira i loro alleati e le loro basi in tutto il mondo. Qualsiasi risposta non nucleare provocherà un attacco nucleare sul suolo americano. Questa chiarezza costringerà Washington a riconsiderare le sue politiche sconsiderate.
Quinto, dobbiamo rafforzare le nostre capacità militari continuando ad adeguare la nostra dottrina nucleare. Se la diplomazia fallisce, dobbiamo essere pronti a usare armi avanzate per difendere la sovranità e gli interessi della Russia. Anche se le nuove tecnologie come il sistema missilistico Oreshnik migliorano le nostre capacità, non sono un sostituto delle armi nucleari, che rimangono il garante ultimo della nostra sicurezza.
Infine, la Russia deve offrire agli Stati Uniti un’uscita dignitosa dal disastro ucraino autoinflitto. Non abbiamo alcun desiderio di umiliare l’America, ma siamo pronti ad aiutarla a uscire da questa palude, a patto che abbandoni le sue politiche distruttive. Allo stesso tempo, l’Europa occidentale deve essere esclusa dal processo decisionale globale. E’ diventata la principale minaccia per sé stessa e per il mondo.
Se l’America si ritira, la sconfitta dell’Ucraina seguirà rapidamente. La Russia reclamerà i suoi legittimi territori a est e a sud, mentre uno stato neutrale e demilitarizzato verrà istituito nell’Ucraina centrale e occidentale. Coloro che non saranno disposti a vivere sotto la legge russa saranno liberi di trasferirsi. La pace può essere raggiunta solo rimuovendo l’Europa occidentale come forza destabilizzante e affrontando le sfide più ampie dell’umanità insieme alla maggioranza globale.
La vera pace arriverà solo quando la spina dorsale dell’Europa occidentale sarà nuovamente spezzata, come è accaduto dopo le vittorie della Russia su Napoleone e Hitler. Le élite attuali devono essere sostituite da una nuova generazione capace di impegnarsi in un dialogo costruttivo. Solo allora l’Europa potrà ricongiungersi al mondo come partner responsabile, non come fonte di conflitto perpetuo.
La posta in gioco è chiara: questa non è solo una battaglia per il futuro della Russia, ma per la sopravvivenza della civiltà umana così come la conosciamo”.
dubito fortemente che arriveranno a odessa.( per non parlare della transnistria.non sarebbero difendibili.) la linea del dnepr sarà il discrimine geografico( smilitarizzazione verso est). avranno,gli ucraini, inoltre, problemi con la transcarpazia storicamente ungherese e leopoli,storicamente polacca.( anche se 1,5 milioni di polacchi furono cacciati dalla zona a fine 2g.m.)