di Daniele Trabucco

La decisione della Corte costituzionale romena di respingere il ricorso di Călin Georgescu dopo il verdetto del Collegio elettorale, confermandone l’esclusione dalle elezioni presidenziali, rappresenta un grave attacco alla democrazia e allo Stato di diritto in Romania. Questo verdetto, basato su accuse vaghe e prive di prove concrete, dimostra come il sistema giudiziario romeno sia divenuto uno strumento di repressione politica volto a eliminare candidati scomodi all’establishment euro-atlantico, in palese violazione dei principi costituzionali sanciti dalla Carta fondamentale del Paese.

L’articolo 37 della Costituzione della Romania del 1991 garantisce esplicitamente il diritto di ogni cittadino di essere eletto, purché soddisfi i requisiti legali. L’esclusione di Georgescu dalle elezioni, senza un processo equo e con accuse che appaiono più politiche che giuridiche, costituisce una chiara violazione di questo principio. La Corte costituzionale ha già sottolineato in passato la necessità che qualsiasi limitazione al diritto di candidarsi rispetti il principio di proporzionalità, come stabilito nella Decisione n. 75/2015, in cui si affermava che qualsiasi restrizione dei diritti politici deve essere giustificata da ragioni “imperative e dimostrate“. Nel caso di Georgescu, questa dimostrazione è del tutto assente.

La motivazione ufficiale dell’esclusione si basa su presunti legami con la Russia e su irregolarità nel finanziamento della campagna elettorale. Tuttavia, la Decisione n. 683/2012 della stessa Corte costituzionale stabilisce che una candidatura può essere invalidata solo sulla base di “prove concrete e inconfutabili“, mentre nel caso di Georgescu non è stata resa pubblica alcuna evidenza chiara a sostegno di un provvedimento così drastico. L’assenza di trasparenza mina la credibilità dell’intero processo e solleva forti dubbi sull’imparzialità della Corte costituzionale, che sembra aver adottato un’interpretazione estensiva e strumentale del diritto elettorale per eliminare un candidato scomodo.

Ancora più preoccupante è il riferimento a presunti legami di Georgescu con movimenti fascisti e antisemiti, utilizzato per delegittimarlo politicamente. L’etichettatura arbitraria di avversari politici come estremisti è una pratica tipica dei regimi autoritari, non delle democrazie liberali. Sul punto, la Corte costituzionale, nella Decisione n. 307/2006, ha stabilito che le restrizioni basate su opinioni politiche devono essere “strettamente necessarie in una società democratica” e non devono tradursi in uno strumento di discriminazione politica.

L’esclusione di Georgescu assume un carattere ancora più grave considerando che il suo successo elettorale era già stato confermato nelle urne nel novembre 2024, prima che le elezioni fossero annullate con il pretesto di presunte interferenze russe. L’annullamento delle elezioni presidenziali e la successiva esclusione del candidato più votato rappresentano un pericoloso precedente senza fondamento nella giurisprudenza costituzionale romena, che ha sempre riconosciuto il principio della sovranità popolare come elemento cardine della legittimità democratica (cfr. Decisione n. 682/2018).

La reazione internazionale dimostra quanto questa vicenda rischi di danneggiare la reputazione della Romania. Critiche sono arrivate persino dagli Stati Uniti e da figure influenti come Elon Musk, evidenziando come l’esclusione di Georgescu sia percepita come una violazione dei principi democratici. Tentare di eliminare un candidato popolare con manovre giudiziarie non solo è un atto di debolezza politica, ma rischia di rafforzare ulteriormente il suo consenso tra l’elettorato, alimentando la sfiducia nelle istituzioni.

In conclusione, la decisione della Corte costituzionale romena appare come un atto di repressione politica mascherato da provvedimento giuridico. La democrazia non si difende con la censura e l’eliminazione forzata degli avversari, ma con la competizione leale e il rispetto della volontà popolare. Se la Romania vuole davvero essere considerata un Paese democratico, deve permettere ai suoi cittadini di scegliere liberamente i propri rappresentanti, senza interferenze giudiziarie pilotate dall’alto.

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