di Luigi Cortese

Ancora una volta, la giustizia si trasforma in uno strumento politico per eliminare un avversario scomodo. La recente condanna di Marine Le Pen per appropriazione indebita di fondi europei non appare come una semplice questione legale, ma come un’operazione chirurgica volta a smantellare una delle più temibili sfidanti del sistema. La richiesta di cinque anni di reclusione e di ineleggibilità non lascia dubbi: si vuole estromettere la leader del Rassemblement National dalla corsa per l’Eliseo nel 2027.

Questa strategia non è nuova: la storia ci insegna che quando un politico diventa troppo pericoloso per l’establishment, la macchina giudiziaria si attiva per neutralizzarlo. Non è un caso che Le Pen, protagonista delle ultime sfide elettorali contro Macron e con crescenti consensi popolari, sia ora nel mirino di un sistema che non può permettersi di perdere il controllo.

Il deep state europeo all’opera

Non si tratta solo della Francia: questa è l’ennesima dimostrazione di come il deep state europeo muova le sue pedine per mantenere lo status quo. L’Unione Europea, con i suoi apparati burocratici e le sue élite tecnocratiche, ha già dimostrato di non tollerare figure che minacciano l’attuale assetto di potere.

I fondi europei, che avrebbero dovuto finanziare il lavoro parlamentare, sono diventati il pretesto per una condanna costruita ad arte. Il tempismo, poi, è sospetto: con le elezioni europee alle porte e la prospettiva di una Le Pen ancora più forte in vista del 2027, serviva un colpo di scena per fermarla.

Il cambio di pelle non è bastato

Marine Le Pen ha cercato per anni di ripulire l’immagine sua e del Rassemblement National, prendendo le distanze dall’eredità politica più dura del Front National e adottando una linea più istituzionale. Ha moderato il linguaggio, abbandonato certe retoriche estremiste e lavorato per rendere il suo partito accettabile anche per quell’elettorato conservatore moderato. Ma nulla di tutto ciò è servito. Non è solo Le Pen il problema: è l’assetto stesso del suo partito, la sua vocazione sovranista, il suo rifiuto del globalismo e del dominio tecnocratico europeo che lo rendono una minaccia inaccettabile per il deep state.

L’apparato europeo non vuole correre rischi. Il semplice fatto che il Rassemblement National possa avvicinarsi al potere è sufficiente per attivare la macchina repressiva. Non importa quanto Le Pen cerchi di dimostrarsi affidabile agli occhi dell’establishment: il suo partito resta una scheggia impazzita da disinnescare.

Il caso Calin Georgescu: un destino comune

Non è la prima volta che un politico viene messo alla gogna per le sue idee. Il caso di Calin Georgescu, candidato alla presidenza della Romania e noto per le sue posizioni sovraniste e anti-globaliste, è emblematico: osteggiato dai media mainstream e dalle istituzioni, ha subito una sistematica campagna di delegittimazione per impedirgli di rappresentare un’alternativa politica concreta. Come Le Pen, rappresentava una minaccia troppo grande per chi vuole mantenere il controllo assoluto sulle nazioni europee.

Il parallelismo è evidente: chi sfida il sistema viene sistematicamente annientato. Se non ci riescono con la censura o con la demonizzazione mediatica, si passa alla via giudiziaria. L’importante è eliminare ogni ostacolo che possa restituire ai cittadini un reale potere decisionale.

La repressione politica in Europa: il caso Forza Nuova

Il modus operandi del sistema non si ferma ai leader politici più noti. Un caso esemplare di repressione è quello subito da Forza Nuova dopo i fatti del 9 ottobre 2021. Il presunto assalto alla sede della CGIL è stato il pretesto per una dura stretta giudiziaria, con arresti e misure repressive che hanno portato in carcere per mesi Roberto Fiore, Segretario Nazionale di Forza Nuova, ed altri dirigenti del movimento. Una repressione insistente: di recente l’ennesimo colpo di coda giudiziario sul 9 ottobre pretende di riportare accuse che qualsiasi video può smentire. Ma tant’è. Anche in questo caso, la linea è chiara: chi rappresenta un’opposizione radicale all’ordine stabilito deve essere fermato con ogni mezzo. Il messaggio che il deep state vuole mandare è sempre lo stesso: non c’è spazio per chi si oppone alle logiche del potere.

Verso un’Europa senza opposizione?

L’uso della giustizia per scopi politici è il segnale più chiaro della deriva autoritaria dell’Unione Europea. Marine Le Pen, come altri prima di lei, viene sacrificata sull’altare della stabilità di un sistema che non ammette dissidenti. L’obiettivo è chiaro: impedire che la volontà popolare possa realmente incidere sul destino del continente.

Ma questa sentenza non è solo contro Le Pen: è un messaggio rivolto a tutti coloro che osano mettere in discussione l’ordine imposto. La domanda ora è: i popoli europei accetteranno ancora di essere spettatori passivi di questo gioco o inizieranno a reclamare il loro diritto a una vera democrazia?

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