L’Occidente liberale, guidato da un sistema finanziario globalizzato, sta affrontando una crisi senza precedenti. La globalizzazione ha mostrato i suoi limiti, accentuando le disuguaglianze e alimentando il malcontento. Il modello economico neoliberista ha indebolito il tessuto industriale europeo, rendendolo dipendente dai mercati esterni, mentre la crescente sfiducia verso le élite politiche evidenzia il fallimento di questo sistema.
Di fronte a questa situazione, chi detiene il potere sa che la guerra può diventare un mezzo per rinviare il collasso. Il conflitto in Ucraina, lungi dall’essere un episodio isolato, rientra in una strategia più ampia volta a prolungare la vita di un sistema in declino. Vi sono forze che cercano di impedire qualsiasi integrazione tra Europa e Russia, temendo che un’alleanza strategica possa minacciare equilibri consolidati.
L’Europa si trova dunque a un bivio storico. Da un lato, la sua struttura politica ed economica appare sempre più fragile sotto il peso di una crisi sistemica; dall’altro, il contesto geopolitico richiede un ripensamento delle alleanze. In questo quadro, la Russia non è solo un attore chiave, ma un elemento fondamentale affinché l’Europa possa emergere come potenza indipendente e sovrana a livello globale.
Storicamente, la Russia è sempre stata parte integrante della cultura e della politica europea, contribuendo all’equilibrio del continente. Oggi, l’Unione Europea si trova in una posizione di forte dipendenza economica e militare dagli Stati Uniti. In questo scenario, escludere la Russia dall’architettura di sicurezza e sviluppo europea è un errore strategico che rischia di condannare il continente a un ruolo marginale.
La Russia è una superpotenza energetica con immense risorse naturali. Una cooperazione stretta tra Mosca e Roma, e più in generale tra Russia ed Europa, garantirebbe accesso sicuro a queste risorse, riducendo la dipendenza dall’instabile Medio Oriente e limitando l’influenza statunitense sulle rotte energetiche. Inoltre, il mercato russo rappresenta un’enorme opportunità economica per le imprese europee, attualmente ostacolata dalle sanzioni imposte sotto pressioni esterne.
Un’Europa indipendente è possibile?
Affinché l’Europa possa realmente emergere come potenza, è necessario un cambiamento di paradigma. Il suo futuro dipenderà dalla capacità di superare le divisioni imposte dalla Guerra Fredda e dal sistema economico attuale. Come insegna Darwin, l’evoluzione è sinonimo di adattamento: solo attraverso una collaborazione con la Russia, l’Europa potrà affermarsi come una potenza globale, libera da influenze esterne e capace di determinare il proprio destino.
Non vi sono dubbi che la Russia sia parte integrante dell’Europa: lo è geograficamente, ma lo è soprattutto culturalmente e spiritualmente, e da questo punto di vista il suo apporto è oggi tanto più prezioso perché può donare all’Europa quella vitalità che essa stessa sta perdendo.
Altrettanto evidenti sono i vantaggi che i paesi dell’Europa continentale trarrebbero dal ripristino dei rapporti economici e commerciali con la Russia.
Viene allora spontaneo chiedersi perché chi governa “questa” Europa faccia l’esatto contrario di ciò che sarebbe nell’interesse dei suoi popoli.
Innanzitutto, quando parliamo di Europa dobbiamo stare attenti a non confonderla con l’Unione Europea. Quest’ultima è un mostro burocratico che ha trasformato il Vecchio Continente in un luogo in cui la finanza spadroneggia, l’essere umano non conta più niente e la democrazia è diventata una barzelletta che non fa nemmeno ridere. Pensare di poter riformare in senso positivo questa sovrastruttura è semplicemente illusorio, e rappresenta una dannosa perdita di tempo, poiché distoglie le energie dalla conquista di un’effettiva sovranità dei popoli europei. Parafrasando una famosa locuzione latina, dovremmo dire: “UE delenda est”, la UE deve essere distrutta.
Un altro aspetto interessante è la postura guerrafondaia assunta dall’Unione Europea, un odio antirusso talmente sfrontato che arriva a sfidare lo stesso governo degli Stati Uniti e i suoi tentativi di porre fine al conflitto in Ucraina. Ora, se consideriamo il governo statunitense come l’espressione massima dell’imperialismo globalista occidentale, il dominus indiscusso a cui i sudditi europei debbono cieca obbedienza, l’attuale postura della UE sarebbe incomprensibile. Se però identifichiamo l’artefice di tale imperialismo nel Deep State, i conti tornano. Già, ma che cos’è questo Deep State? Il Deep State può essere definito come l’insieme del complesso-militare industriale americano, della NATO, della grande finanza delle Big Three (BlackRock, Vanguard e State Street), della Federal Reserve e della City di Londra, nonché dei Servizi d’Intelligence, con i loro funzionari annidati nell’apparato burocratico del Pentagono e del Dipartimento di Stato, che controllano anche il sistema mediatico globale tramite agenzie come l’USAID. Un Potere opaco, quindi, che ha i suoi centri direttivi in organizzazioni globaliste come il World Economic Forum (WEF), fondato dall’economista tedesco Klaus Schwab; il Gruppo Bilderberg, fondato dal banchiere statunitense David Rockefeller; la Commissione Trilaterale, fondata dal solito Rockfeller, oltre a Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski; il Gruppo dei Trenta (G30), che ha in Mario Draghi una sua figura di spicco; e merita di essere citata anche la Open Society Foundation di George Soros, specializzata nel promuovere le rivoluzioni colorate (leggi: colpi di stato), le perversioni sessuali e l’immigrazione incontrollata in giro per il mondo.
Provo a rispondere alla domanda posta in conclusione dell’articolo (“Un’Europa indipendente è possibile?”). Anche qui non bisogna farsi ingannare dalle parole. L’Europa che viene esaltata dai media di regime come “libera” e “indipendente” non è altro che l’Europa, legata mani e piedi a quello “stato profondo” che ho appena descritto, in attesa di darsi una forma istituzionale definitiva nei cosiddetti Stati Uniti d’Europa. Non so se tale progetto sia possibile, ma di sicuro non è auspicabile. Ritengo invece possibile e auspicabile che, dalle ceneri della tecnocrazia di Bruxelles e di Francoforte, nasca un’Europa confederale, fondata sul libero accordo di stati nazionali, i cui popoli abbiano davvero la sovranità, quella sovranità che sempre è stata loro retoricamente attribuita ma che mai hanno realmente esercitato.