di Luigi Cortese

Mentre in Parlamento infuriano le polemiche sull’articolo 18 del decreto sicurezza — quello che vieta la vendita della canapa legale e che il Partito Democratico paragona addirittura al proibizionismo fascista — nessuno sembra accorgersi del vero cuore autoritario del provvedimento: l’articolo 31. E il silenzio è trasversale. Tanto la maggioranza che lo ha scritto quanto l’opposizione che dovrebbe contrastarlo tacciono in modo imbarazzante.

Il PD, che si strappa le vesti per difendere la cannabis light, arriva a citare Mussolini pur di fare scena. Ma quando si tratta dell’articolo 31, che concede ai servizi segreti l’accesso illimitato a tutte le banche dati dello Stato — comprese quelle giudiziarie — improvvisamente cala il sipario. Nessun intervento in aula, nessuna conferenza stampa, nessun appello alla Costituzione. Il partito che dice di voler difendere le libertà civili resta muto proprio davanti al rischio più grave per la privacy dei cittadini.

E il governo? Peggio ancora. L’articolo 31 è stato approvato in commissione in un clima di totale opacità, con la volontà chiara di rafforzare l’intelligence interna a scapito di ogni garanzia. È un salto nel buio verso un modello di sorveglianza che ricorda più il KGB che uno Stato di diritto. L’idea che i servizi possano accedere a dati sensibili senza controlli democratici è semplicemente incompatibile con qualsiasi principio liberale. Ma chi è al potere fa finta di nulla, convinto che basti invocare la “sicurezza” per legittimare qualsiasi abuso.

Neppure il mondo accademico è stato risparmiato: con l’articolo 31, università e centri di ricerca potrebbero essere obbligati a collaborare con i servizi, trasformandosi di fatto in strumenti di raccolta dati per l’apparato statale. Un colpo durissimo alla libertà di ricerca e all’autonomia intellettuale. Eppure, di nuovo, il silenzio domina.

In un Paese serio, un simile provvedimento scatenerebbe l’opposizione compatta di tutte le forze democratiche. In Italia, invece, si preferisce litigare sulla canapa mentre si firma in silenzio la legittimazione di una sorveglianza pervasiva. È una vergogna bipartisan che merita di essere denunciata senza mezzi termini.

L’articolo 31 non è solo una norma pericolosa: è un test di democrazia. E la nostra classe politica lo sta fallendo miseramente.

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