di Daniele Trabucco
In questi giorni si legge, da piú parti, la tesi secondo cui Papa Leone XIV, eletto in data 08 maggio 2025, non sarebbe legittimamente Romano Pontefice, in quanto Benedetto XVI (2005-2013), predecessore di Francesco (2013-2025), non avrebbe mai validamente rinunciato al “munus Petrinum“. Ora, pur nel rispetto delle posizioni contrarie, a me pare che essa si fondi su presupposti errati, tanto sul piano canonistico quanto su quello filosofico. La teoria che distingue radicalmente “munus” e “ministerium” è del tutto infondata e contraria alla struttura giuridica e metafisica dell’ufficio petrino. Tale tesi, oltre ad essere giuridicamente irricevibile, implica una concezione gnostica e soggettivista del papato, assolutamente incompatibile con l’ecclesiologia cattolica.
Ai sensi del canone 332, paragrafo 2, del Codice di Diritto Canonico vigente del 1983: «Si contingat ut Romanus Pontifex muneri suo renuntiet, ad validitatem requiritur ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur, non vero ut a quoquam acceptetur». Il legislatore canonico stabilisce, come si evince, che per la validità della rinuncia è necessario e sufficiente che essa sia compiuta liberamente (“libere fiat“) e debitamente manifestata (“rite manifestetur“). Non si prescrive né la forma scritta, né una terminologia tecnica predeterminata. La cosiddetta “declaratio” di Benedetto XVI redatta per iscritto costituisce, pertanto, solo un mezzo di manifestazione e non una condizione ontologica della rinuncia. L’atto di volontà rinunciataria, purché pubblico e inequivoco, è giuridicamente sufficiente a produrre la vacanza della sede apostolica, in quanto atto unilaterale e “res inter alios acta“.
In questa prospettiva, l’opposizione fra “munus” e “ministerium” risulta priva di rilievo canonico. Sebbene i due termini siano teologicamente distinguibili (il “munus” designa l’ufficio nella sua radice giuridica e sacrale; il “ministerium” il suo esercizio concreto), essi non sono separabili né ontologicamente, né giuridicamente. L’ufficio petrino non è una “forma subsistens” che possa sopravvivere in un soggetto senza manifestarsi in alcun modo. Il diritto canonico, come ogni ordinamento razionale, riconosce e valuta gli atti sulla base dei loro effetti giuridici e della volontà manifestata, non sulla base di speculazioni semantiche sganciate dalla realtà dell’azione.
Benedetto XVI ha pubblicamente dichiarato la cessazione del suo servizio quale Vescovo di Roma e Successore di Pietro: ciò, agli occhi della Chiesa, ha comportato la cessazione del “munus“, non una semplice sospensione funzionale. La distinzione proposta da alcuni ambienti tra “munus” conservato e “ministerium” lasciato cadere costituisce una forma di nominalismo giuridico che destruttura la realtà stessa dell’ufficio ecclesiastico. Detto diversamente, tale separazione introduce una frattura insostenibile tra l’essere e l’agire.
Secondo il principio metafisico classico, “operari sequitur esse“, non vi può essere un soggetto che sia titolare dell’ufficio (essere Papa) e che, al contempo, rinunci legittimamente e irrevocabilmente a ogni forma di esercizio senza che ciò comporti la cessazione stessa dell’ufficio. Questo significherebbe introdurre una specie di potere “inerte“, esistente in potenza ma non più attuabile: una forma di “actus non exercitus” che non ha corrispondenza nel diritto e che viola la nozione stessa di autorità ecclesiale.
Il papato non è un’essenza personale, quanto un ufficio pubblico conferito da Cristo mediante l’elezione canonica e cessante per morte o rinuncia. L’autorità pontificia non può sopravvivere in uno stato puramente intenzionale o spirituale, come se fosse un carisma indelebile. Una volta manifestata la rinuncia, efficacemente recepita dalla Chiesa, l’ufficio si estingue “ipso iure” e la sede si considera legittimamente vacante.
A ciò si aggiunga che, secondo la teologia classica (cfr. Bellarmino, Suarez, Cajetanus), il riconoscimento pacifico e universale da parte della Chiesa del nuovo Papa costituisce “signum infallibile legitimitatis“. Leone XIV, successore eletto secondo le norme canoniche e pacificamente accolto dalla “Ecclesia universalis“, gode di tale riconoscimento visibile e morale. Affermare che egli sia un antipapa, sulla base di presunti codici linguistici celati in una dichiarazione di dodici anni prima, equivale a negare che la Chiesa visibile possieda i mezzi per determinare e conoscere con certezza il proprio capo: si introduce così un’ecclesiologia esoterica e volontarista, che contraddice l’essenza visibile, giuridica e sacramentale della Chiesa cattolica.
Da ultimo, la pretesa che il “munus” sia rimasto “intatto” in Benedetto XVI e che Francesco, di conseguenza, sarebbe rimasto privo della titolarità giuridica della Sede Romana implica una visione scismatica e dualistica del papato: da un lato, un Papa “in potenza“, silenzioso e nascosto; dall’altro, un “falso papa“, visibile e attivo. Ora, la teologia cattolica conosce un solo successore di Pietro alla volta: la “successio Petri” è personale, univoca e indivisa. L’attribuzione di un “munus” ancora vigente a un papa emerito equivale, nella sostanza, a ritenere che la Chiesa abbia errato universalmente nel riconoscere il proprio capo visibile. È questo il vero errore ecclesiologico: quello di porre la validità della successione apostolica sotto il giudizio privato, dissolvendo la certezza morale e giuridica dell’autorità nella soggettività individuale.
In definitiva, prima Francesco e poi Leone XIV sono legittimamente e validamente Romani Pontefici. Le tesi che ne contestano la legittimità si fondano su una errata concezione del diritto canonico, che confonde la manifestazione dell’atto con la sua validità, e su una visione filosoficamente incoerente dell’ente istituzionale, che separa ciò che per sua natura deve rimanere unito: l’essere e l’agire, l’ufficio e il suo esercizio, la visibilità e la realtà. La rinuncia di Benedetto XVI è stata libera, pubblica, sufficientemente manifestata e non necessitava di alcuna forma scritta (eventuali possibili condizionamenti attengono al foro interno che, in questo caso, non rileva per lo “ius canonicum“) o formula rituale per essere efficace. Ogni interpretazione alternativa va, pertanto, respinta come contraria alla retta ragione e alla costituzione visibile della Chiesa fondata da Cristo.
il “munus” appartiene alla Chiesa, il Papa lo esercita. Mettiamo caso che tutta sta diatriba abbia un fondamento, alla morte di Benedetto XVI tutto è ritornato alla Chiesa, munus in primis. Se così non fosse, nessun Papà successivo a Benedetto sarebbe valido, nemmeno quello che riporterà la Chiesa in porto, secondo la visione di Don Bosco. Gli uomini parlano troppo, pensino a pregare piuttosto, se hanno a cuore la salute della Chiesa e dei cristiani. La Chiesa non è del Papa, è di Gesù Cristo.
Benedetto XVI fu costretto alla rinuncia delle proprie funzioni perché vi fu all’epoca un golpe da parte della cosiddetta mafia di San Gallo che portò Bergoglio a sedere sullo scranno pontificio. Di conseguenza Bergoglio è un antipapa, e lo è anche Prevost, essendo stato eletto da cardinali tutti nominati da Bergoglio ed escludendo in sede di conclave guarda caso gli altri nominati in precedenza da Benedetto XVI, che piaccia o no l’ultimo papa legittimo. Le questioni giuridiche e storiche poi si possono manipolare per dimostrare ciò che si vuole, e non sarebbe la prima volta. Ci sono teologi che hanno appunto attaccato sul piano giuridico la cosiddetta elezione di questo personaggio, il quale sarebbe stato pure accusato di atti di pedofilia in passato. Non sono un teologo, ma so leggere tra le righe ed analizzare i fatti, senza fermarmi alle superfici ufficiali storiche e giuridiche.
Chi ritiene invalida la rinuncia di Benedetto XVI per pressioni esercitate dalla cosiddetta “mafia di San Gallo”, con presunte violenze morali sul pontefice, o dal governo statunitense, con l’esclusione della banca del Vaticano dal circuito di pagamenti SWIFT, forse non si rende conto che sta distruggendo moralmente Ratzinger, accusandolo implicitamente di essere stato quantomeno un imbroglione, perché avrebbe abdicato “per finta”, e un vile, perché si sarebbe sottratto all’adempimento del proprio dovere di fronte al pericolo. Se queste pressioni fossero state reali e così gravi da impedirgli di esercitare il suo ufficio (ministerium), avrebbe potuto denunciarle pubblicamente dal balcone di San Pietro davanti a migliaia di fedeli radunati in piazza per ascoltarlo: lo scandalo e il clamore internazionale sarebbero stati enormi, tali da costringere i suoi veri o presunti persecutori a battere immediatamente in ritirata! Non lo avrebbe fatto perché temeva per la sua incolumità? Ma che razza di successore di Pietro sarebbe quello che fugge per non affrontare il martirio e lascia in balìa dei lupi il gregge affidatogli da Nostro Signore Gesù Cristo?
Fino a prova contraria e al di là di qualunque antipatia si possa provare nei confronti di Bergoglio, l’atto di abdicazione di Benedetto XVI rimane valido anche se compiuto sotto le minacce che i poteri mondani sempre hanno riservato ai papi fedeli al messaggio evangelico, così come valida è stata l’elezione di papa Francesco e valida è la recente ascesa al soglio pontificio di Leone XVI.
Errata corrige: Leone XIV.
“Avrebbe potuto denunciarle dal balcone di San Pietro”. E pensi davvero che certe cose si possano dire apertamente o che o papi siano coraggiosi e veramente uomini solo di chiesa? Il Vaticano e la Chiesa in genere sono prima di tutto una struttura di potere politico ed economico e la “mafia di San Gallo” ne è solo un esempio. Il Vaticano stesso è una struttura mafiosa. Non distruggo moralmente nessuno. Guardo la realtà dei fatti, che certuni non fanno perché politicamente corretti. L’elezione di Bergoglio e Prevost non è valida.
Comunque ognuno è giusto che abbia le proprie idee.
Il Vaticano è anche una forza finanziaria a livello mondiale. Vedi lo IOR. La sua potenza politica ha origini molto antiche, fin dal medioevo. Oggi ormai non ha più nulla di cristiano e troppe volte ha travisato gli insegnamenti di Crosto. Le disposizioni del diritto canonico se le manipolano a loro piacimento. Ormai i papi non sono più capaci di martirizzarsi per il bene del gregge. Il suo commento dimostra una analisi favolistica della struttura ecclesiastica, e l’autore ha una visione di essa politically correct.
E questo sarà la mia ultima risposta a lei perché è inutile continuare a tentare un dialogo con i sordi. Buona vita.
In effetti, è difficile dialogare con chi riduce la Chiesa a Città del Vaticano, nega la sua dimensione soprannaturale, ritiene che i cattolici credano nelle favole e fa propria una narrativa degna del più frusto laicismo ottocentesco… Ma io spero sempre che chi oggi è sordo possa domani recuperare l’udito.
Spero davvero che tu possa recuperare l’udito dal momento che non hai capito nulla del mio discorso.
Grazie a Dio ci sento benissimo e capisco che il ragionamento non è il tuo forte. Buona serata.
Grazie a Dio ci sento meglio di te e capisco ancora meglio quanto tu sia poco propenso al ragionamento. Buona serata anche a te.
Caro Trabucco sei proprio fuori strada!
Credo sia meglio non commentarci più. Siamo giunti alle offese sulla nostra reciproca intelligenza e questo non va bene perché non arriviamo a nulla. Buona serata Massimo.
Anche se non ho mai avuto intenti belligeranti, ti porgo idealmente un ramoscello di ulivo in segno di pace.
Lo accetto.