di Gloria Callarelli

Immaginate di prendere la metro a Parigi, scendere ad una fermata e, salendo le scale mobili che vi portano in superficie, non vedere nessuno (e sottolineo nessuno) di nativo. Dietro, davanti: nessuno. Ti guardi intorno e ti chiedi se veramente sei ancora in una città europea o se piuttosto non hai sbagliato mezzo e sei finito in qualche zona della Somalia, del Mali o del Congo. Lo sguardo di chi ti individua quale straniero nel proprio territorio è di quelli che non si dimenticano; un pugno di donne, in particolare, scruta nervosamente “l’invasore”: parlano tra di loro e infine ti urlano, con tono minaccioso e in un inglese stentato, di mettere via lo smartphone perchè hanno paura di essere riprese: “No photo, no photo”. Tutto intorno uomini di media e anche grossa stazza fermi sui marciapiedi a parlare, negozi pieni, via vai. E nessuno, e sottolineo nessuno, solo tu, di origine europea. E’ lo scioccante paesaggio della Parigi del 2025, in particolare della terra a Nord, a due passi da Montmatre e dalla Basilica del Sacro Cuore. Zone pienamente turistiche.

Scruti nei negozi, cerchi inutilmente aria di casa e provi a capire come si possa ancora dire che il piano Kalergi non esiste, che quella che l’Europa sta vivendo non è una vera e propria invasione, una sostituzione in piena regola. E attenzione perchè Parigi è comunque, bene o male, tutta così. Negozi, servizi: ovunque il trend, anche se magari nell’appariscente centro cittadino è meno marcato, è questo. Oltre il 48% degli immigrati oggi in Francia proviene dall’Africa, la metà di questi dall’Africa subsahariana. Un incremento avvenuto negli ultimi anni, soprattutto nel Duemila.

Alcuni francesi provano a spiegarmi l’origine del fenomeno. Uno di loro, un ricercatore, A., ci racconta: “Prima di tutto all’origine di tutto questo vi è l’ideologia rivoluzionaria del 1789, che presuppone l’uguaglianza di tutti gli uomini. Dopo anni di propaganda in questo senso, vi è un rifiuto a considerare che possano esserci differenze tra africani ed europei”.

Non bastasse l’ideologia giacobina, aggiungiamo il vile denaro e l’interesse politico di alcuni gruppi di potere: “Anche economicamente si contribuisce a violentare le nostre radici: i datori di lavoro, ad esempio, sono felici di assumere lavoratori a basso costo, anche se questi svolgono un lavoro meno qualificato. Inoltre – continua – esistono gruppi, in particolare di origine sionista, che promuovono attivamente il meticciato e l’immigrazione da decenni. I gruppi più influenti sono la LICRA (organizzazione “antirazzista”) e il CRIF (rappresentanti ufficiali dei sionisti francesi). Si oppongono attivamente ai patrioti e ai nazionalisti francesi che provano a denunciare la situazione: la LICRA in particolare ha spinto per l’approvazione di tutte le leggi antirazziste fin dagli anni ’70; leggi che impediscono ai francesi persino di formulare diagnosi sull’immigrazione per paura di essere perseguiti penalmente”. Molti sono stati condannati a multe o al carcere, altri stanno affrontando persecuzioni in tribunale per questo: pensiamo solo a Yvan Benedetti, leader del movimento nazionalista “Les Nationalistes“.

“Il CRIF – ci spiega ancora lo studioso – è stato recentemente promosso a partner ufficiale di un’istituzione governativa responsabile della repressione dei “discorsi d’odio”, mentre la LICRA ha il diritto di entrare nelle scuole per rieducare i bambini all’antirazzismo. Lo fanno anche per la polizia, il calcio, le aziende. Entrambe le associazioni sono, ovviamente, sovvenzionate dallo Stato”.

In Francia inoltre non vi è il crocifisso nelle scuole, a meno che non siano di impostazione cristiana, ed è fatto divieto per gli studenti di ostentare simboli religiosi. Fino a pochi anni fa vigeva la regola del ‘doppio ius soli’: ovvero un figlio nato nel territorio dello Stato acquisiva automaticamente la cittadinanza francese nel caso in cui uno dei due genitori fosse nato in Francia, seppur privo di cittadinanza francese. Oggi non è più così: bisogna comunque attendere i 16/18 anni. Una marcia indietro che la dice lunga sulla catastrofe sociale abbattutasi Oltralpe in questi anni di accettazione dell’immigrazione, con posti di lavoro e scuole occupati in buona parte da persone non native.

A. ci confessa a chiusura del suo discorso e con una punta di amarezza: “Non capisco come i francesi vedono il fenomeno ogni giorno e la maggior parte di loro non reagisce, né agisce a suo favore. Per me resta un mistero”.

In Italia, purtroppo, i governanti continuano a spingere nella stessa direzione parlando di Ius soli, Ius Scholae ecc. Parole di propaganda al vento di partiti politici che siedono nelle istituzioni, vengono sostituite nella realtà da barconi di disperati che senza arte nè parte si insediano nelle città e da proposte politiche distruttive. In passato le proteste dei cosiddetti “estremisti” fermarono lo Ius Soli: altrimenti a quest’ora staremmo come in Francia. Le città nostrane ad oggi hanno infatti solo sfiorato il fenomeno, anche se i grandi agglomerati come Milano ed altri sono già al collasso. E abbiamo un terzo dei numeri francesi. Oltre agli africani in Italia una buona componente di immigrati arriva dall’Asia e nelle città questi gruppi prendono il controllo di alcune attività: benzinai, mercati soprattutto ma anche negozi etnici che affollano le periferie e, sempre più, alcune zone  urbane più centrali. La criminalità aumenta ed è nettamente di origine straniera, i dati parlano di un 31% del totale della popolazione carceraria. Le scuole sono bloccate da un’istruzione rallentata e indebolita, le seconde generazioni di immigrati sono protagoniste di episodi di spaccio, violenza e strafottenza che impedisce una crescita sana dei nostri ragazzi e che rende sempre più insicure le nostre città, soggiogate da droga e malvivenza.

Questi sono dati tangibili non teorie. Questi sono i risultati che ognuno di noi ha sotto i propri occhi, più o meno, tutti i giorni. E in tutto questo scenario il governo italiano vuole frenare il rientro degli italiani all’estero mentre sta accelerando per le cittadinanze facili. Una follia cieca. A questo punto, viene da pensare, anche deliberata. Un’integrazione vera non è possibile: troppo diverse le anime dei vari Paesi solo per pensarlo. La follia dell’immigrazione a tutti i costi risponde ad un piano ben preciso che vuole indebolire i vari Paesi, cancellare le tradizioni dei popoli, eliminare la religione cristiana e portare al caos per imporre il controllo delle lobby.

Ci hanno (quasi) sostituito: prendere coscienza del fenomeno, conoscere la storia e non avere paura di amare la propria nazione e difendere le proprie peculiarità e bellezze vuol dire salvare le nuove generazioni dal comunismo sociale etnico e dalla morte, certa, della nostra storia e delle nostre identità. Prendere coscienza di tutto questo e opporvisi politicamente per non soccombere è, oggi, un atto coraggioso e rivoluzionario. E’, oggi, una nuova Lepanto.

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