di Fabio Tuiach

È morto Nino Benvenuti, leggenda dello sport italiano, campione del mondo dei pesi medi di pugilato e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960. Aveva 87 anni. Giovanni — per tutti Nino — era nato il 26 aprile 1938 a Isola d’Istria. Ho avuto il piacere di chiacchierare con lui a Sequals, il paesino natale di Primo Carnera, dove ho vinto per l’ultima volta il titolo nazionale dei massimi il 15 luglio 2018.

Quando ero un giovane pugile professionista, commentò più volte i miei match trasmessi in TV, ma ero ancora piuttosto timido per parlare con una leggenda della boxe come lui. Il mio ultimo ricordo di Sequals è invece nitido, perché allora — anche se a fine carriera, a 38 anni — ero consigliere comunale per Forza Nuova e vinsi il titolo proprio dove nacque il campione dei pesi massimi Primo Carnera. Ai tempi del ventennio, Carnera salutava romanamente sul ring e raccontava anche di come i partigiani lo portarono in un bosco per ucciderlo, ma il fucile si inceppò e lui riuscì a scappare. Una storia che mi è rimasta impressa.

Chiesi a Nino se lo conoscesse: ricordo il suo sorriso e quel “mamma mia”. In effetti, dovevo aspettarmelo, perché queste due leggende della boxe sono stati gli unici italiani a vincere il titolo negli Stati Uniti, dove la boxe muoveva già allora grandi investimenti. Anche per questo, sono stati i due campioni più famosi e popolari.

Avevo letto da qualche parte che anche Nino si era avvicinato alla politica, perché si sentiva in dovere, vista la sua enorme popolarità, di sostenere Almirante. Lui il comunismo di Tito lo aveva visto da vicino: lasciò la sua terra in Istria, e anche questo, da figlio di un esule, mi ha avvicinato ancora di più a lui.

Personalmente, non credo che ci sarà mai più un pugile italiano forte come lui: con una tecnica e un’intelligenza tattica uniche, ma anche con un gancio sinistro che poteva risolvere in ogni momento il match, anche quando si trovò in difficoltà verso il finire della carriera. Ma c’è da dire che erano altri anni: la boxe in Italia sfornava campioni, gli uomini erano molto più duri di adesso, e le Olimpiadi di Roma degli anni Sessanta videro diverse medaglie nella boxe. Tutti, poi, fecero buone carriere nel professionismo, mentre ora non è più così.

Tra le varie leggende su di lui, si dice che venisse in bicicletta ad allenarsi a Trieste da Isola d’Istria — e questo, per una persona normale, sarebbe già un allenamento non da poco. Racconta anche nel suo libro che, da super atleta qual era, aveva tempi nella corsa non molto distanti da quelli degli olimpionici corridori. Un grandissimo atleta, in un periodo in cui la boxe in Italia andava fortissimo, le palestre erano piene e la gente sapeva fare a botte all’occorrenza.

Pregherò per l’anima di Nino Benvenuti, con l’augurio che, una volta arrivato in Paradiso, preghi per l’Italia — e magari anche per la boxe nazionale, che è così formativa per i giovani e insegna loro a impegnarsi duramente, anche soffrendo e stringendo i denti, per raggiungere i propri obiettivi.

Share via
Copy link
Powered by Social Snap