di Luigi Cortese

Le recenti elezioni amministrative e regionali in Liguria hanno lanciato un segnale inequivocabile: il centrodestra guidato da Giorgia Meloni inizia a perdere terreno, e lo fa partendo proprio da quelle città e territori che aveva governato per più legislature. La sconfitta a Genova – simbolica e sostanziale – racconta di un malcontento che inizia a farsi sentire anche tra gli elettori storicamente vicini alla coalizione.

Genova volta le spalle alla destra

Il dato più clamoroso arriva dal capoluogo ligure. A Genova, città amministrata per sette anni dal centrodestra, il Partito Democratico ha registrato un risultato superiore al 28%, doppiando Fratelli d’Italia fermo al 14,8%. Un crollo vistoso per il partito di Meloni, soprattutto in un contesto dove, fino a pochi mesi fa, sembrava avere il controllo del territorio.

Marco Bucci, sindaco uscente di Genova, non era candidato a un nuovo mandato in Comune perché ha corso – e vinto – come presidente della Regione, in un’elezione regionale convocata d’urgenza dopo lo scandalo giudiziario che ha travolto Giovanni Toti. La sua candidatura è stata fortemente voluta da Giorgia Meloni, che l’ha imposta come nome unitario della coalizione, rivendicandola come una sua scelta personale. Una mossa che, seppur vincente sul piano regionale, non ha impedito la debacle nel capoluogo.

Una vittoria di Pirro

La presidenza della Regione resta al centrodestra, ma il successo di Bucci appare come una vittoria di Pirro. L’affluenza è stata bassa, e il sostegno al centrodestra si è assottigliato proprio nei centri urbani più significativi, a cominciare da Genova. Un risultato che racconta di un elettorato meno compatto, più sfuggente, e sempre meno convinto da una proposta politica che comincia a mostrare segni di stanchezza.

Il peso degli scandali e delle fratture interne

A incidere su questo scenario è stato anche il terremoto giudiziario che ha travolto Giovanni Toti, figura centrale nel “modello Liguria” della destra. Lo scandalo ha lasciato strascichi pesanti, indebolendo l’immagine di un centrodestra efficiente e compatto. Allo stesso tempo, le tensioni tra i partiti della coalizione – Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – sono emerse con chiarezza, sia nella gestione delle candidature che nel confronto sulle politiche territoriali.

Un segnale per il futuro

La perdita di consenso in una città come Genova, governata per anni e ora teatro di un rovesciamento politico, non è un’anomalia locale: è un campanello d’allarme per Giorgia Meloni. Quando un governo comincia a perdere nelle sue roccaforti storiche, il segnale che arriva è politico e profondo. Non basta più il carisma della leader o la gestione centralizzata delle alleanze per mantenere il consenso: serve radicamento, ascolto, credibilità.

Il centrosinistra, da parte sua, ha saputo intercettare il disagio e costruire una proposta alternativa, con una campagna radicata sul territorio e meno schiacciata su dinamiche interne.

Conclusione

Il caso Genova racconta di un centrodestra in affanno, nonostante la vittoria formale alle regionali. Il segnale che arriva è chiaro: la fase dell’espansione meloniana potrebbe aver raggiunto il suo apice. Ora, per Giorgia Meloni, comincia una fase nuova e più difficile: difendere il consenso acquisito e ricucire un rapporto con i territori che si sta lentamente ma visibilmente sfilacciando.

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