di Luigi Cortese

In un’Italia sempre più silente di fronte alla tragedia umanitaria in corso a Gaza, la voce del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, si leva con forza e chiarezza. Con una decisione netta, Emiliano ha annunciato la sospensione di ogni rapporto istituzionale tra la Puglia e il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, condannando apertamente quella che ha definito una “repressione brutale” contro la popolazione palestinese.

Il governatore pugliese non usa mezzi termini: le azioni del governo israeliano nella Striscia di Gaza sono, secondo lui, “inaccettabili” e “incompatibili con i valori fondamentali dell’umanità“. Una presa di posizione coraggiosa, che contrasta amaramente con l’immobilismo del governo nazionale italiano, guidato da Giorgia Meloni.

Mentre altri Paesi europei – come Spagna e Irlanda – hanno compiuto passi diplomatici significativi, riconoscendo lo Stato di Palestina o condannando duramente le violazioni dei diritti umani, l’Italia resta a guardare. Un silenzio assordante che rischia di trasformarsi in complicità.

Il gesto di Emiliano, seppur simbolico, sottolinea una frattura crescente tra alcune amministrazioni locali e il governo centrale. L’assenza di una posizione chiara da parte dell’esecutivo italiano su una delle più gravi crisi umanitarie contemporanee risulta sempre più insostenibile, soprattutto agli occhi dell’opinione pubblica e delle stesse istituzioni territoriali.

La decisione della Puglia segna dunque un momento politico rilevante: è un invito, se non un monito, al governo centrale affinché esca dall’ambiguità e assuma una posizione coerente con i valori di pace, giustizia e diritti umani che l’Italia ama professare, ma troppo spesso dimentica quando si tratta di agire.

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