In un’Italia sempre più silente di fronte alla tragedia umanitaria in corso a Gaza, la voce del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, si leva con forza e chiarezza. Con una decisione netta, Emiliano ha annunciato la sospensione di ogni rapporto istituzionale tra la Puglia e il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, condannando apertamente quella che ha definito una “repressione brutale” contro la popolazione palestinese.
Il governatore pugliese non usa mezzi termini: le azioni del governo israeliano nella Striscia di Gaza sono, secondo lui, “inaccettabili” e “incompatibili con i valori fondamentali dell’umanità“. Una presa di posizione coraggiosa, che contrasta amaramente con l’immobilismo del governo nazionale italiano, guidato da Giorgia Meloni.
Mentre altri Paesi europei – come Spagna e Irlanda – hanno compiuto passi diplomatici significativi, riconoscendo lo Stato di Palestina o condannando duramente le violazioni dei diritti umani, l’Italia resta a guardare. Un silenzio assordante che rischia di trasformarsi in complicità.
Il gesto di Emiliano, seppur simbolico, sottolinea una frattura crescente tra alcune amministrazioni locali e il governo centrale. L’assenza di una posizione chiara da parte dell’esecutivo italiano su una delle più gravi crisi umanitarie contemporanee risulta sempre più insostenibile, soprattutto agli occhi dell’opinione pubblica e delle stesse istituzioni territoriali.
La decisione della Puglia segna dunque un momento politico rilevante: è un invito, se non un monito, al governo centrale affinché esca dall’ambiguità e assuma una posizione coerente con i valori di pace, giustizia e diritti umani che l’Italia ama professare, ma troppo spesso dimentica quando si tratta di agire.
Ora che le prove del genocidio in atto sono troppo evidenti per essere negate (se non da qualche troll filo-sionista che infesta i social), visto il modo sfacciato e tracotante con il quale le autorità israeliane stanno conducendo l’ennesima operazione di pulizia etnica ai danni della popolazione della Striscia di Gaza, ecco che persino il presidente della Regione Puglia si è svegliato. Ma il suo risveglio è a dir poco tardivo, ipocrita e sa tanto di cinismo elettorale. Forse bisognerebbe informare il signor Michele Emiliano che, mentre lui dormiva, il suo partito, il PD, oltre ad aver ignorato per anni la tragedia palestinese, con sue delegazioni ufficiali incontrava il governo israeliano proprio quando questo moltiplicava i crimini contro i civili. E, nello stesso tempo, la vicepresidente del Parlamento europeo, la piddina Pina Picierno, intratteneva rapporti con i lobbisti israeliani!
Ma se comunque Emiliano si è destato dal letargo, continua invece beatamente a dormire il governo italiano delle “destre”, che nei confronti dello Stato d’Israele mostra una vergognosa e indegna sudditanza. Non dimentichiamoci che è stato proprio il governo Meloni, nel marzo del 2023, ad appaltare la cybersecurity dei nostri servizi ad Israele, cioè a dargli le chiavi della sicurezza informatica e quindi il potere di ricattare qualunque nostro politico o imprenditore.
E’ però evidente, fatta eccezione per quel cerebrocirconciso di Salvini e per i tremebondi fratellini d’Italia (non sia mai qualcuno dovesse accostarli al fascismo e alle sue famigerate leggi razziali…), il cambio di narrazione del mainstream. Quasi nessuno se la sente più di giustificare (dopo averlo fatto per un anno e mezzo) i comportamenti delle forze armate israeliane, che ricalcano quelli della soldataglia nazista, e tutti ormai cercano di scaricare sul solo Netanyahu ogni tipo di nefandezza. Ebbene, io ritengo che questa sia una palese mistificazione. Vediamo perché.
Quando aderisci a un’ideologia che punta a creare uno Stato per una certa etnia in un territorio abitato da un’altra etnia, la pulizia etnica non è un’opzione ma una necessità. Infatti, anche nella prima fase della colonizzazione sionista della Palestina (1882-1918) i “padri” del sionismo (Herzl, Weizmann, Ben Gurion, Ussishkin) immaginavano una Palestina senza i palestinesi e dibattevano sui tempi e modi per realizzarla. La pulizia etnica è quindi un elemento fondativo dello Stato ebraico, ultima espressione storica del colonialismo insediativo. Ora, se il colonialismo classico mirava a trasformare la popolazione indigena in fedeli sudditi da sfruttare, in quello insediativo i colonizzatori puntano a sbarazzarsi completamente della popolazione nativa e sostituirla con la propria. Ed è quello che da un secolo hanno fatto e stanno facendo i sionisti in Palestina, prima con il terrorismo dell’Haganah (organizzazione paramilitare ebraica), durante il mandato britannico (1918-1948), e poi, dal ’48 fino ad oggi, con il terrorismo di Stato dell’IDF (forze di difesa israeliane).
Sterminio e deportazione dei palestinesi sono connaturati al sionismo e alle sue istituzioni statali. Come fai a creare uno Stato ebraico in un piccolo territorio popolato da arabi se non mandandoli via? E se quelli non se ne vogliono andare? Il destino di Gaza è emblematico. Prima di Israele, Gaza era una città cosmopolita su un’importante via commerciale che andava dal Cairo a Damasco. Dopo la Nakba (1948), Israele la trasformò in quel campo profughi più grande del mondo che tristemente conosciamo e che adesso ha deciso di svuotare uccidendo, affamando e costringendo all’esilio i palestinesi che ancora vi vivono. Netanyahu, in realtà, si dimostra del tutto coerente con la storia e l’ideologia dello Stato ebraico, con la ragion d’essere del sionismo: “ripulire” quel territorio da coloro che da secoli lo abitano. La rimozione di questo elemento storico e ideologico da parte dell’Occidente è il motivo per cui certe finte verginelle si stupiscono degli eccidi indiscriminati perpetrati dagli israeliani (come se fossero qualcosa di imprevisto e inspiegabile), attribuendone l’esclusiva responsabilità a Bibi il Genocida.
Mi sono chiesto se vi siano paralleli tra Israele, quello che sta facendo in Palestina, e l’Unione Sovietica. In effetti, il genocidio commesso dagli ebrei in Palestina ed i metodi usati sono paragonabili ai metodi, all’atteggiamento ed alle strategie genocide dei comunisti sovietici contro popolazioni autoctone. Un esempio sono i tatari, ma anche tanti altri.
Lo stesso Israele nacque con l’ausilio dell’Unione Sovietica,cacciando le popolazioni autoctone della Palestina. L’Unione Sovietica diede iniziale sostegno alla nascita di Israele ed al riconoscere lo Stato di Israele. La prima guerra arabo-israeliana vide l’aiuto militare agli Israeliani da parte dell’URSS, anche attraverso gli Stati satelliti, come la Cecoslovacchia. Questo supporto militare fu fondamentale per la guerra arabo-israeliana.
Per quanto riguarda il genocidio contro le popolazioni autoctone, sovietici sono i metodi :
progetti di deportazione, punizione collettiva, distruzione delle strutture locali, come scuole, ospedali, creare la fame e la sete con la carestia,accuse di collaborazionismo come movente.
Queste sono le tattiche comprovante e riconosciute come tali e usate dall’URSS nel commettere genocidi contro popoli autoctoni.Quello dei Tatari è soltanto uno dei tanti.