di Gloria Callarelli

Nella seconda parte dell’intervista a Roberto Fiore sulla Dottrina Sociale della terza posizione viene approfondito storicamente e politicamente il pensiero corporativo, che costituisce le fondamenta di uno Stato che voglia essere davvero rivoluzionario e florido nel suo sviluppo tanto economico-lavorativo quanto sociale.

Fiore, in termini storici come inizia ad entrare nella società il corporativismo in Europa?

Il corporativismo si afferma dagli anni Venti in Portogallo, in Italia ed in Spagna; quel mix tra Dottrina Sociale, Rerum Novarum e la politica di Mussolini si propaga in molte nazioni a livello mondiale: nella sua versione distributista anche gli inglesi Chesterton, Belloc e Penty fanno proprio il principio per cui il proletariato non deve scontrarsi con i capitalisti ma divenire, attraverso il lavoro ed il risparmio, esso stesso categoria di proprietari. In Portogallo viene creato lo Stato Novo di Salazar, concezione di Stato moderno ma ancorato fedelmente ai principi anti liberali della Rerum Novarum e della giustizia sociale.

Fascismo, Chiesa Cattolica e corporativismo sono tra loro collegati?
A chi ha pensato di creare una contrapposizione tra il fascismo e Chiesa su questo tema non rimane che ricredersi, perché se è vero da un punto di vista storico-filosofico che la Chiesa Cattolica, soprattutto con l’avvento del Concilio Vaticano Secondo abbandona il concetto di Stato Cattolico che è al contrario centrale nella logica corporativa romana, è anche vero che nello sviluppo della Storia è la filosofia anti liberale ad essere base del corporativismo e le due grandi entità che in Europa criticano il liberalismo sono appunto Santa Romana Chiesa e il Fascismo. Inoltre l’idea che lo Stato moderno, quindi la configurazione corporativa dello Stato fascista, che ha la massima applicazione nella Camera delle Corporazioni, sia un’espressione totalitaria, è un errore ideologico. Infatti, se è vero che la logica del Ventennio si riassunse nel “Tutto nello Stato, nulla al di fuori dello Stato” è perché si pensava a una compenetrazione totale tra Stati e popolo e ad un’espressione organica e corporativa del popolo stesso come cabina di regia dello Stato sociale. Non ci può essere contrapposizione tra idea corporativa medievale e quella moderna del XXI secolo; una è medioevale e rinascimentale, l’altra espressione nel mondo delle sicuata industrializzate dove l’operaio ed il contadino sono protagonisti di un Popolo e non di in conflitto fra classi.
Come funziona la Camera delle Corporazioni e perché è la soluzione giusta per governare un Paese?
La Camera delle Corporazioni sostituisce il Parlamento basandosi su un principio paradossalmente più “democratico”: è capace più il contadino che lavora il grano di decidere le nuove leggi sul grano, piuttosto che l’avvocato che vede il grano trasformarsi in pane nel suo pasto quotidiano. La Corporazione dei lavoratori del grano non avrebbe mai fatto entrare il grano malato e cattivo dal Canada….cosa che i nostri partiti hanno fatto senza battere ciglio. Sono appunto le Corporazioni che decidono il futuro delle proprie categorie, degli appartenenti alle stesse, del prodotto del lavoro, delle remunerazioni e dei giovani nell’appendistato.
Un altro punto intrigante e interessante è legato alla sostanziale deriva liberale che prende la Santa Sede dal Concilio Vaticano II in poi con l’abbandono dottrinario dello Stato Cattolico.
Lo Stato Cattolico è uno Stato romano che sposa il fondamentale obiettivo della Chiesa di una società che vive la tranquillità nell’ordine, con una visibile e ordinata giustizia sociale e con un obiettivo di fondo; la salvezza delle anime. Con il Concilio Vaticano Secondo vanno avanti la sussidiarietà, che è un concetto vago e che in un certo senso elimina o tende ad eliminare il ruolo dello Stato o a renderlo, come i regimi liberali, un poliziotto o al massimo un pretore, e rifiutando (avverrà in molti casi negli anni Ottanta e Novanta) quegli Stati sudamericani e forse anche qualche Stato europeo che si ostinavano a definirsi cattolici. Nel Concilio Vaticano Secondo uno Stato non si deve definire cattolico e quindi non deve preservare quelle che sono le vestigia storiche e sociali del cattolicesimo che, nell’ambito del lavoro, sono appunto le Corporazioni. Quindi mentre gli Stati nazionali come Portogallo, Austria e Italia erano rimasti fedeli allo _Stato organico-stato di popolo,_ che comprende nella sua filosofia e nella sua attuazione pratica lo Stato corporativo, la Santa Sede sembra rinunciare a questo fondamentale caposaldo della rivoluzione cristiana e delega ai cosiddetti corpi intermedi il ruolo di gestire la questione sociale.
Qual è il percorso da fare oggi? 
Con alcuni collaboratori stiamo rivisitando quella che fu la grande esperienza dell’Istituto Studi Corporativi e del pensiero filosofico di uomini come Spirito o Brucculeri, e anche di alcuni sindacalisti importanti della prima ora prefascista, per elaborare un pensiero corporativo attuale che, per sostanza, o meglio verità intrinseca, è superiore a qualsiasi espressione liberale o marxista.  Questa alternativa social nazionale, verrà copiata su un aspetto che è quello della partecipazione agli utili dei lavoratori, che oggi è diventato non solo per grandi aziende come la Volkswagen ma anche per un sindacato come la Cisl un punto di riferimento. Ma tutti questi tentativi hanno valore solo se integrati in un ambito squisitamente corporativo e rivoluzionario dove lo Stato è uno Stato Nuovo ed uno Stato di popolo.
Share via
Copy link
Powered by Social Snap