Christine Lagarde sarebbe ormai pronta a lasciare in anticipo la presidenza della Banca Centrale Europea per assumere la guida del World Economic Forum. A riportare l’indiscrezione è Milano Finanza, che conferma come il passaggio al vertice del WEF sia più di una semplice ipotesi: Lagarde potrebbe ufficializzare la decisione nelle prossime settimane, con un passaggio di consegne previsto entro la fine del 2025.
Nel momento in cui la poltrona più ambita della finanza europea rischia di diventare vacante, le diplomazie dei principali Paesi UE si stanno già muovendo per piazzare i propri candidati. L’Italia, in particolare, sembra avere le idee chiare: il nome su cui punta Palazzo Chigi è quello di Fabio Panetta, attuale governatore della Banca d’Italia ed ex membro del comitato esecutivo della BCE. Un profilo tecnico e autorevole, che ha maturato esperienza diretta a Francoforte e gode della fiducia dei mercati internazionali.
Ma il quadro è tutt’altro che semplice. Il tema della successione alla guida della BCE si è ormai imposto al centro dei colloqui tra le capitali europee, e secondo alcune fonti diplomatiche, sarebbe stato anche il punto chiave dell’incontro avvenuto il 3 giugno a Roma tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron. Sebbene ufficialmente l’incontro si sia svolto per rafforzare la cooperazione bilaterale, i tempi e i retroscena portano a credere che tra i temi sul tavolo vi fosse proprio la successione alla BCE.
Dietro ai sorrisi e alle dichiarazioni di facciata, l’obiettivo di Meloni potrebbe essere stato uno soltanto: ottenere l’appoggio francese alla nomina di Panetta. Se così fosse, è legittimo chiedersi: qual è la contropartita che l’Italia è disposta a mettere sul tavolo per conquistare il sì dell’Eliseo?
Le ipotesi non mancano. Si va dalla ratifica del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, che Roma ha finora bloccato, a un possibile ammorbidimento italiano sulle regole del Patto di Stabilità, tanto care a Berlino quanto a Parigi. Non si può escludere nemmeno un’apertura a compromessi sul bilancio UE o su future nomine in altri organi chiave dell’Unione.
La Francia, da sempre protagonista nelle trattative per le poltrone europee, potrebbe chiedere qualcosa in cambio di un eventuale sostegno a Panetta. L’Italia, dal canto suo, avrebbe tutto l’interesse a consolidare la propria presenza ai vertici delle istituzioni europee, soprattutto in una fase storica in cui il peso politico di Roma a Bruxelles è in crescita.
L’eventuale nomina di Panetta alla BCE rappresenterebbe per Meloni un traguardo politico di rilievo, forse il più importante sul fronte europeo dall’inizio del suo mandato. Ma potrebbe anche segnare una svolta nella postura del governo italiano in Europa: da oppositore delle logiche “di sistema” a pieno giocatore del tavolo comunitario.
In attesa che le trattative si chiariscano, una cosa è certa: la partita per la successione alla BCE è iniziata, e si gioca tutta a livello politico. Con una domanda di fondo ancora senza risposta: quanto è disposta a cedere Meloni per portare Fabio Panetta a Francoforte?
Dovremmo invece porci la domanda: che vantaggio trarrebbe l’Italia dalla nomina di Fabio Panetta alla BCE? La mia risposta è: nessuna.
I componenti italiani del Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea non hanno mai tutelato gli interessi del proprio Paese ma, al contrario, hanno sempre fatto gli interessi propri, dei loro amici banchieri e, soprattutto, delle élites finanziarie anglo-statunitensi e delle massonerie ad esse collegate.
Per capire quali sono i rapporti tra l’Italia e la BCE, ricordiamoci ciò che avvenne alla fine dell’ultimo governo Berlusconi (16 novembre 2011) quando era presidente della Banca Centrale Europea l'”italiano” Mario Draghi (dal 1 novembre 2011). La testimonianza è del senatore leghista Massimo Garavaglia, all’epoca dei fatti vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato. “Il 10 siamo in Commissione Bilancio a chiudere la finanziaria e quello stesso giorno vengono a interrogarci gli ispettori della BCE e di Bruxelles perché eravamo sotto inchiesta”. Gli ispettori europei rivolgono questa domanda alla commissione: “Ma voi sosterrete il governo Monti?”. Il senatore del Carroccio, sbalordito, fa presente che è ancora in carica il governo Berlusconi e c’è ancora una maggioranza parlamentare che lo sostiene. Ma la replica degli inviati della BCE è lapidaria: “Se voi non sostenete il governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli per due mesi, e voi andate in fallimento”.
Lo stesso Mario Monti, in un’intervista del 2017 al Corriere della Sera, ha affermato che alla fine del 2011 ” Draghi decise […] di cessare l’acquisto di titoli di Stato italiani da parte della BCE”.
E’ difficile immaginare uno scenario più inquietante di una banca centrale che ricorre al ricatto monetario per costringere alle dimissioni un governo democraticamente eletto ed imporre la propria agenda politica. Ma questo è la BCE: il peggior nemico della nostra sovranità nazionale.