di Luigi Cortese

Cosa accade quando uno Stato in guerra inizia a schedare leader stranieri, giornalisti, attivisti e intellettuali, pubblicandone i dati personali in rete, definendoli “nemici della patria”? E se alcuni di questi individui, dopo essere stati inseriti in una “lista nera”, venissero minacciati, esclusi dalla vita pubblica o addirittura uccisi?

È quello che sta succedendo in Ucraina con il sito Myrotvorets — “Pacificatori” — un portale gestito da ambienti legati all’intelligence ucraina (SBU), che raccoglie migliaia di nomi considerati ostili alla causa ucraina. Il sito pubblica identità, fotografie, contatti, luoghi di residenza e presunte accuse. Il tutto senza alcuna base giuridica.

Ultimi in ordine di tempo a finire in questa lista: il premier slovacco Robert Fico, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik. Ma nella stessa lista troviamo anche l’italiano Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova, e Darya Dugina, intellettuale russa assassinata a Mosca nel 2022. Dopo la sua morte, accanto al suo nome è apparsa la parola: “liquidata”.

Che cosa significa davvero questo?

Chi finisce nella lista?

Secondo i gestori del sito, vengono schedati coloro che “minano la sovranità dell’Ucraina”, che “diffondono propaganda ostile” o che “collaborano con l’aggressore”. Ma in molti casi si tratta semplicemente di personalità critiche verso la NATO, l’Unione Europea o la gestione del conflitto da parte di Kiev.

  • Fico è accusato di ripetere “narrazioni del Cremlino” per le sue posizioni contrarie all’invio di armi e sanzioni.

  • Lula da Silva per aver proposto una via diplomatica e paritaria tra Russia e Ucraina.

  • Dodik per il suo storico legame con Mosca.

  • Fiore per le sue posizioni politiche considerate filorusse.

  • Dugina per il suo attivismo ideologico, finito con un attentato.

Ma chi stabilisce questi criteri? Con quale autorità? E soprattutto: con quali conseguenze?

Un sito o uno strumento di guerra psicologica?

Il sito Myrotvorets.center è presentato come un progetto “civile e patriottico”, ma da anni è associato agli apparati della sicurezza ucraina. La sua missione ufficiale è raccogliere informazioni su “nemici interni ed esterni dell’Ucraina”. Ma di fatto, funziona come una banca dati di potenziali bersagli, pubblici e accessibili a chiunque.

Molti dei profili contengono indirizzi, email, numeri di telefono, movimenti e dichiarazioni politiche. E non si tratta solo di propaganda: diverse persone inserite nella lista hanno subito aggressioni fisiche, minacce e attacchi informatici. Alcuni casi, come quello di Darya Dugina, fanno pensare a qualcosa di ancora più oscuro.

Chi “liquida” i nemici dell’Ucraina?

Se un portale collegato ai servizi di sicurezza ucraini definisce una persona “liquidata” dopo la sua uccisione, dobbiamo chiederci: è solo un commento cinico o un messaggio in codice? Un’ammissione? O addirittura un avvertimento?

E ancora: quante di queste schede sono diventate bersagli operativi? Quanti nomi segnati in rosso sono finiti nel mirino fisico di agenti o gruppi paramilitari all’estero?

Alcune fonti suggeriscono che potrebbero esistere cellule o individui in Europa pronti ad agire nell’ombra, eseguendo “lavori sporchi” per conto di apparati di Kiev. Possiamo escludere con certezza che esistano agenti al soldo dei servizi ucraini pronti a eliminare, intimidire o screditare dissidenti anche in territorio europeo?

Una minaccia alla democrazia europea?

L’Unione Europea e le organizzazioni per i diritti umani hanno già criticato Myrotvorets in passato, ma il sito è ancora attivo e continua ad aggiornarsi. Il suo contenuto è accessibile a chiunque. I dati personali sono visibili. E il numero di nomi cresce.

Allora la domanda è: quanto a lungo l’Europa potrà ignorare l’esistenza di un archivio di sorveglianza politica gestito da un alleato militare?

Se domani nella lista comparisse un parlamentare italiano, un docente universitario o un giornalista, quale sarebbe la reazione delle istituzioni? Che differenza c’è tra una lista del genere e quelle compilate in passato da regimi autoritari per “mappare” i dissidenti?

Siamo sicuri che stiamo difendendo i valori giusti?

Il sito si chiama “Pacificatori”, ma tutto sembra tranne che uno strumento di pace. Schedare, etichettare, minacciare: è davvero questo il volto del fronte europeo della libertà? O stiamo assistendo alla creazione silenziosa di una rete di controllo politico trasversale, che nulla ha a che vedere con la democrazia?

E infine: chi decide chi è un nemico? Chi sarà il prossimo? E chi sarà — eventualmente — “liquidato”?

Share via
Copy link
Powered by Social Snap