di Luigi Cortese

L’attacco aereo sferrato da Israele contro oltre 100 obiettivi iraniani ha provocato centinaia di vittime e feriti in tutto il Paese. Missili e droni hanno colpito basi militari, centri nucleari e anche aree civili, in un’operazione definita da Tel Aviv come “preventiva”, ma che Teheran ha condannato come un’aggressione non provocata.

A colpire, però, non è solo la portata militare dell’azione, ma anche la reazione quasi inesistente della comunità internazionale. Nessuna sanzione è stata imposta a Israele. Washington ha ribadito il diritto di autodifesa dello Stato ebraico, l’Unione Europea ha invitato alla moderazione, mentre l’ONU si è limitata a chiedere il cessate il fuoco.

Nel silenzio dell’Occidente, la Russia si è schierata apertamente con Teheran. Il Cremlino ha definito l’attacco “illegale” e “in violazione del diritto internazionale”, e – secondo fonti diplomatiche – Vladimir Putin avrebbe offerto asilo politico alla Guida Suprema iraniana Ali Khamenei, in caso di un collasso del regime, come già accaduto con Bashar al-Assad in Siria.

Tra il colpevole silenzio dell’Occidente, già visto in occasione delle stragi a Gaza e della questione palestinese, Vladimir Putin si erge ancora una volta a gigante della politica internazionale, rimanendo l’unico leader capace di esporsi chiaramente, senza rifugiarsi dietro frasi di circostanza o ambiguità diplomatica.

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